Internal Flight, una storia da raccontare
Una persona a cui tengo parecchio mi ammonirebbe, se sapesse che sto scrivendo un post con un titolo inglese, o “straniero”, come avrebbe detto mia nonna.
Per il primo post su Neomrevolution, in barba a questo sacrosanto moto patriottico, ho pensato di condividere l’inizio del mio Internal flight, il viaggio nel mio mondo interiore. Lo faccio non tanto perché lo ritengo uno dei ricordi più dolci che custodisco nel il mio taschino sinistro, ma piuttosto perché mi piace pensare che ci sia un fattore comune che porti ogni persona a fare le valige per il proprio viaggio interiore. Ma di questo parleremo tra poco.
E insomma, partiamo col dire che era il 3 dicembre 2010 e come Vogler descrive nel suo “viaggio dell’eroe”, un manuale di sceneggiatura pazzesco, mi trovavo a qualche ora da quello che lui chiama un punto di svolta. All’inizio di ogni storia, e la vita di ognuno di noi è una bellissima storia da raccontare, c’è qualcosa che il protagonista dovrà imparare durante l’arco narrativo. Un aspetto importantissimo per la sua evoluzione, ma di cui è ancora all’oscuro. Uguale era per me.
“Quel” giorno mi trovavo a un seminario di crescita personale. Uno di quei corsi in cui il pensare positivo è l’architrave di tutta la strategia del miglioramento. E quel genere di cose, che ritengo tutt’ora molto utili, furono il veicolo che mi avrebbe portato alla scaletta del mio aereo quel giorno. Dal 2002 infatti, credo di aver letto gran parte della bibliografia del cambiamento: Robbins, Mckenna, Vitale, Bandler, Covey e tutta la corrente New age de “Il segreto”. Il libro, non la serie televisiva.
Ero andato al seminario quel giorno, con lo stato d’animo di chi ha paura che gli chiedano come va, per non scoppiare a piangere. Ero fuori di casa perché mi stavo lasciando con mia moglie e avevo da poco subito un duro colpo in ambito professionale.
Ero una larva e l’idea di partecipare a quel corso era un modo per dimostrarmi che ce la potevo fare, più che un reale desiderio.
Una sala gremita con più di 1000 persone, entusiaste ad ascoltare gli interventi dei relatori che si alternavano sul palco. Titolo della giornata “la mente, mente”. La mia quel giorno non solo non mentiva, ma era spietata nel ricordarmi come stavano le cose. Nell’ascoltare le varie tecniche per sopravvivere alle sfide quotidiane quel giorno, trovavo conferma di una sensazione che ormai mi accompagnava da un po di tempo nell’applicare i metodi appresi dai corsi di coaching: che fatica!
Tutto quel pensare positivo, quello stare all’erta per estirpare le erbacce che infestano l’ideale giardino del “ce la posso fare”, “sono un grande”, “mi vedo potente” mi prendevano un sacco di energie. Non solo, a dirla tutta i risultati erano stati pessimi. Ero infelice. Avevo toccato il fondo e non sapevo cosa fare. Intendiamoci, credo che il coaching sia un formidabile strumento per aiutare le persone a scoprire che possono prendere le redini della propria vita e poterla trasformare (visualizzazioni, ascolto, comunicazione efficace ecc.).
Torniamo alla scaletta. Mentre stretto tra le mie spalle, me ne stavo li, nella mia poltroncina blu, arriva il turno verso mezzogiorno di Carlotta Brucco.
Sale sul palco ed inizia a parlare. Dapprima la sua voce sottile, cadenzata e senza l’enfasi dei relatori precedenti, mi disorienta. Parla di come nella sua esperienza fosse stufa di ascoltare la mente. Qualcosa dentro di me, si drizza in piedi. La mia anima allunga una mano come a prendere il bicchiere d’acqua quando si ha la febbre. Mi tiro su e appoggio per bene la schiena alla poltrona. Riconosco dentro di me queste parole, come familiari. Come una Verità. “Occorre essere morbidi, nel corpo nella parola, nell’agire per poter prestare ascolto al momento presente”. “La mente non sa, la Vita, Dio, la Vera natura della Mente, sa”. “Occorre fare spazio alla Vita per poter essere felici. O diamo potere all’Io o diamo potere a Dio”. “Non si possono servire due padroni. O si serve l’Amore o la paura”. Queste parole, anche adesso che le sto scrivendo, mi commuovono sinceramente. Toccano una parte di me che sorride e che non si sente più sola. Quel giorno corsi letteralmente ad acquistare il libro di Carlotta, Il segreto dell’essenza, all’ingresso del teatro. Come me, fecero lo stesso più di un centinaio di persone. Il teatro esplose in un applauso senza freni, alla fine della meditazione che ci fece fare Carlotta. Ci fece immaginare di volare leggeri e liberi sulle montagne, sugli oceani. Quel giorno feci il mio primo Internal flight e sentii che tutto è Uno. Quel 3 Dicembre sono partito per un viaggio dentro di me che non avrà mai fine. Un viaggio fatto di consapevolezza, di fatica, di paure, di mostri, di demoni, di abbracci, di stupore, di magie, di sincronicità, di amore, di luce, di frequenza, di unione, di condivisione e di compassione. Se non avessi picchiato la faccia, non avrei mai potuto mettermi in discussione. La sofferenza fu il check-in aspro ma necessario per far imbarcare il mio cuore.
Ti auguro di essere felice e, se non l’hai già fatto, di volare libero nel cielo del tuo Internal Flight.
RC
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Tags: CarlottaBrucco, Dio, felicità, interiore, Mente, Morbidi, Natura, Viaggio, Vita
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