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PENSO ERGO DUBITO

Scritto da Stefano Dell'Orto on 4 Febbraio 2016. Postato in BLOG

shutterstock_315356267Quest’oggi vi voglio parlare del dubbio. Carlotta nel libro de “I Cinque Abbracci” ha dedicato un intero capitolo al “non so” (che ho tradotto come “penso ergo dubito”) e vi consiglio di andare a leggerlo perché è molto interessante ma in questo caso voglio prendere l’argomento partendo da un altro punto di vista: il rapporto di coppia. Già, avete letto bene. Come immagino condividerete il rapporto di coppia è quanto di più esigente e provante la vita ci possa offrire perché vengono toccati e portati alla luce, prima, durante o dopo, tutti gli aspetti più oscuri e reconditi del nostro essere. Sta poi a noi decidere cosa farne, come dice il meraviglioso aforisma di Huxley “l’esperienza non è ciò che accade ad un uomo bensì quello che un uomo fa con quello che gli accade”. Ad ogni modo voglio raccontarvi un’esperienza per me molto significativa, un vero “paletto” che ha dato una svolta alla mia vita.Avevo circa 30 anni, non giovane certo ma ognuno ha il “suo proprio tempo”, come del resto la “sua propria velocità”. A quei tempi stavo vivendo una relazione con una donna che come mestiere faceva, e fa tutt’ora, la psicologa mentre io lavoravo come responsabile di progetto per una agenzia di Brand&Packaging design di Milano. Ogni giorno uscivo di casa alle 8 del mattino per tornare mai prima delle 20. Un lavoro bellissimo che mi appassionava ma anche si prendeva totalmente le mie energie. Tanto per dire alla sera, appena mi sedevo sul treno per Monza, quando trovavo posto, bastava toccare lo schienale per addormentarmi, anche prima di uscire dalla stazione Garibaldi. Il fatto di cui vi voglio raccontare accadde una sera che avevamo deciso di trovarci a casa mia (lei abitava fuori Milano) per cenare e dormire insieme. Poco prima delle 19 ricevo una sua chiamata dove mi dice che è stanca e che preferisce restare a casa e che se avessi voluto sarei potuto andare io da lei. Dovete sapere che a quei tempi ero ancora soggetto alla “sindrome del bravo ragazzo” (la chiamo così) per cui, proprio per apparire “bravo-bello-e-buono” accettai – fintamente, ma allora non lo sapevo – di buon grado il cambio e poi decisi di andare da lei (nonostante fossi anche io stanco) come gesto altruistico (almeno nella mia mente). Quando arrivai a casa sua accadde che lei aveva bisogno di parlare di una situazione complessa del suo lavoro ed io per un po’ mi prestai ad ascoltarla (ricordate la sindrome da BravoRagazzo?) ma poi piano piano si fece sempre più spazio l’esigenza di essere coccolato, di essere ascoltato a mia volta e quindi di essere anche amato come volevo. Piano piano andavo perdendo anche il minimo interesse per i suoi problemi per essere sempre più coinvolto dalle mie personali esigenze che certo non prevedevano le sue. Arrivati al culmine di questa situazione lei comprese finalmente chi aveva di fronte: una persona completamente incentrata solo su di se, incapace di ascoltare e comprendere il proprio stato emotivo e mentale come quello di una persona in fronte. Decise di lasciarmi quella sera stessa. Fui ferito duramente dalle parole che mi disse ma, con la sofferenza così creata, mi permise di aprire uno squarcio sul mio essere di allora. Mi permise di vedermi. Mi ricordo molto bene il processo che avvenne dentro di me. Dapprima ci fu un vero e proprio shock. Un profondo dolore fisico al cuore mi prese e mi spezzò. Poi valutai molto seriamente, soprattutto perché avevo una grande considerazione di quella persona, ciò che mi fu detto, di quanto ero in realtà interessato solo a me stesso e al soddisfacimento dei miei bisogni e null’altro. Qui ci fu il secondo shock perché mi resi conto che fino a poco prima questo mi sembrava non solo giusto ma quasi santo e legittimo (=soddisfare i miei bisogni) e non prevedeva assolutamente la valutazione delle necessità e dello stato dell’altra persona. La mia mente di allora non vedeva altro. Da un certo punto di vista non potevo essere “incolpato”, ero semplicemente non consapevole di me stesso. Sebbene dentro di me avvertissi chiaramente quali fossero i miei bisogni non comprendevo quanto questi fossero divenuti per me voraci divoratori di empatia, di relazione con l’altro.  Da un lato quindi la “sindrome del bravo ragazzo” mi faceva apparire bravo-bello-buono, rendendomi magari incapace di manifestare le mie necessità legittime (nell’esempio avrei fatto meglio a confessare che ero stanco anche io e che avremmo potuto rimandare), e nello stesso tempo il profondo egocentrismo mi rendeva incapace di ascoltare gli altri facendo emergere in malo modo quelle necessità che io stesso mi negavo con la “sindrome”.  Avevo finalmente compreso la causa principale della mia sofferenza nelle relazioni con l’altro sesso. Nell’esempio, una volta deciso consapevolmente di andare da lei per i motivi che mi disse avrei potuto comprendere ed accettare il suo stato e le sue necessità e con amore riuscire ad accoglierla, magari poi condividendo a mia volta ciò che sentivo.
Tutto ciò che credevo di essere venne incenerito e da quelle poche ceneri che rimasero iniziò il personale cammino alla ricerca di quell’infinito mondo interiore che compresi esistere. Il percorso iniziò con una sua collega e anche qui ricordo benissimo il primo incontro quando lei mi chiese: “come stai?” ed io le risposi “bene…” al che lei riformulò la domanda e la mia risposta fu la stessa e alla terza volta iniziò a spiegarmi che esistono una infinità di risposte più approfondite e che tutte partono dall’ascolto e dal riconoscimento di se stessi e delle proprie emozioni. Per me a quei tempi fu una vera rivelazione. Mai in vita mi ero veramente fermato ad ascoltarmi (a parte ovviamente riconoscere i momenti di grande sofferenza) e soprattutto mai avevo avuto modo di dare veramente un nome a ciò che sentivo dentro di me. Questa apparentemente semplice attività di “fermarsi ed ascoltare” è in realtà fondamentale passaggio per il meraviglioso mondo interiore e di incontro con l’altro ed il suo infinito mondo interiore (già…anche gli altri hanno un loro mondo interiore…). Questo stupendo processo è altresì capace di rendere sempre più consapevoli che la quasi totalità dei nostri pensieri sono “ego-riferiti” e che non tendono minimamente conto dell’altro se non per riportare ancora a noi stessi. L’importantissima attività di osservazione neutrale dei pensieri permette di accorgersi che essi semplicemente vi spostano dal “qui e ora” altalenando la presenza dal passato al futuro. Il primo spesso nel giudizio di qualcosa accaduto mentre il secondo nel sogno di qualcosa che potrebbe accadere (una paura come un’aspirazione). Un’attività energeticamente MOLTO dispersiva e per niente fruttuosa.

Dubitate quindi, dubitate dei vostri pensieri come delle vostre convinzioni. Aprendovi al dubbio permetterete a molte altre “verità” di incontrarvi avvicinandovi quindi sempre più a quell’Unica.

Sgd

#icinqueabbracci#coppia#dubitare#ego#pensieri#libertà

Tags: coppia, dubitare, ego, felicità, futuro, icinqueabbracci, libertà, pensieri

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