Sofferenza
Oggi sto riflettendo sulla sofferenza. Partendo da ciò che a me spesso procura sofferenza. Intanto dovrei pima dare una sorta di definizione della sofferenza ma ancora prima distinguere tra dolore e sofferenza.
Il primo, il dolore, è quello che provo quando mi schiaccio un dito oppure tolgo una pellicina e fa infezione fino ad arrivare a dolori più grandi come la rottura di un arto oppure anche un tumore (conscio di scrivere questo senza, al momento, averlo mai provato sulla mia pelle).
Sofferenza invece è qualcosa di interiore, di profondo e soprattutto nasce più da uno stato dell’essere. Soffro se l’amore della mia vita mi lascia. Soffro se muore qualcuno che amo. Soffro se non posso fare qualcosa che io amo. Oppure nel vedere che altri la pensano in modo differente da me o si comportano in modo differente da come lo vorrei io. Per la maggior parte delle volte la sofferenza nasce dall’impossibilità di compiere o di vedere realizzarsi qualcosa come lo voglio io. Noterete subito che c’è una parola che si ripete spesso che è appunto “io”. E’ “quell’io” che soffre come potrei anche dire che è grazie a quell’”io” che soffro. Ora quindi dovremmo giungere alla distinzione tra “l’io” e “colui che soffre a causa di quell’io”. Sono differenti? Questa domanda è forse un ottimo punto di partenza per riflessioni più grandi. In realtà personalmente credo che essi siano differenti. Perché giungo a questa conclusione (che conclusione non è)? Perché se soffro perché qualcuno non fa ciò che voglio mi rendo conto che se io aggirassi quella parte interiore di me che vorrebbe quella cosa (quel mio “io”) allora la sofferenza cesserebbe immediatamente. Ed è possibilissimo. Facciamo un esempio pratico. Io o “quell’io” vuole un tavolo in quella posizione mentre mia moglie lo vuole in un’altra (sono cose così che generano la maggior parte della nostra sofferenza su questo pianeta). Orbene dentro di me possono capitare due cose molto differenti a seconda del mio atteggiamento interiore che potremmo anche definire “io che si propone”. Se sono rilassato e tranquillo è facile che appaia lo Stefano gentile e disponibile che lascia all’amata di mettere il tavolo dove vuole, in fondo cosa ci cambia nella vita? E’ così importante? che faccia pure quello che sente. Se invece sono già un po’ nervoso allora entra in gioco quell’altro “io” quello che vuole le cose a modo “suo”. L’entrata in gioco di questo secondo “io” genera una sensazione forte di rabbia e si finisce per discutere generando quindi sofferenza (spesso ad entrambe). In tutto questo però mi rendo conto di due cose importantissime:
1) esiste dentro di me qualcosa o qualcuno che osserva che mi sto arrabbiando. Chi osserva non è arrabbiato mentre chi è arrabbiato lo è, eccome. Sono in realtà due “entità” differenti (lo so stai pensando che sono schizoide ma ti assicuro che se ti osserverai senza giudizio per un po’ di tempo ti accadrà di notare lo stesso).
2) chi osserva si rende conto che chi è arrabbiato in realtà potrebbe benissimo non esserlo solo che non riesce ad “uscire dall’emozione dell’ira”. Chi osserva dovrebbe semplicemente uscire da quello stato perché non c’è Felicità e in fondo non c’è una vera ragione per restare invischiati nell’energia della rabbia, dell’ira (non c’è mai e soprattutto non è neppure utile a nessuno). La parte difficile è uscire da quello stato energetico che definiamo rabbia o ira. Spostarsi. Allora la domanda è: chi sta operando per spostare quell’”io” da uno stato di rabbia e quindi sofferenza (!!) ad uno stato di pace e rilassatezza? Ottima domanda a cui oggi non ho ancora una risposta o comunque questo non è il momento. Il punto fondamentale in questo momento è un altro: la sofferenza è generata da un “io”, da una parte di noi che non vuole vedere che le cose “fuori” vanno come non vuole che vadano. Restiamo attaccati alla nostra idea iniziale. Oppure respingiamo il nuovo. Attaccamento e resistenza. E’ tutto li. Osservate. Tutta la sofferenza nasce da questo. E la cosa incredibile è che quella parte li in realtà non siamo neppure “noi”, ne è solo una parte, spesso molto piccola, che prende il sopravvento su tutto e ci nega di vedere tutta la bellezza di cui siamo circondati. Siamo imprigionati. Ma possiamo liberarci.
SGD
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